mercoledì 16 dicembre 2020

LA LETTERATURA TERAPEUTICA

Rileggere Dante nel tempo del Covid-19.

La pandemia è un po' come la selva dantesca: una dimensione di smarrimento collettivo, un territorio all'interno del quale è facile perdere momentaneamente la << verace via >>, sentirsi sfuocati, soli. In questo luogo desolato la Ragione ci viene incontro, ci tende una mano. Il primo passo verso la futura salvezza.

Ho in mano l'<< Inferno >>, sto leggendo il canto II. Qualcosa mi colpisce immediatamente, al punto che non posso non notarlo: il grido di Dante, la sua voglia di sapere perché ad un uomo come lui, di condizione tutto sommato media, un uomo condannato all'esilio dalla sua patria ingrata, sia concesso di attraversare l'inferno, dopo che uomini illustrissimi come Enea e San Paolo avevano avuto la grazia di potervi entrare ed uscire vivi. Dante sa bene che Enea ha potuto visitare l'Averno perché da lui sarebbe nato l'impero romano e la città santa di Roma, il luogo << u' siede il successor del maggior Piero >>, ossia la culla della cristianità occidentale. 

San Paolo poi ha dovuto compiere quel viaggio per rafforzare la fede dei cristiani. Ma lui perché mai ha il privilegio di poter salvarsi, pur dovendo attraversare il regno delle tenebre? Dante dubita del suo viaggio e lo definisce << folle >>. Questa è una parola chiave nel poema, dato che il nostro autore la riutilizzerà a proposito del viaggio di Ulisse, a significare la sfida che un uomo aveva osato lanciare al limite, all'auctoritas, percorrendo una rotta sconosciuta al di là delle Colonne d'Ercole. Dante dunque è titubante, il suo è un appello umanissimo alla Ragione, affinché gli fornisca una chiave di lettura di questa esperienza eccezionale. In quelle parole << io non Enea, io non Paulo sono >> c'è tutta l'incredulità di un uomo comune posto davanti ad un alto compito, ad una missione.

Dante ha la stessa identica paura che abbiamo noi uomini, oggi, posti davanti al mistero di ciò che non conosciamo; ha la stessa condotta dubbiosa di quanti oggi non sanno come affrontare i giorni che verranno, l'inferno della malattia, della povertà, della morte. 

Quante volte ci siamo chiesti parlando con la nostra coscienza raziocinante - il Virgilio che ci alberga dentro e che si amalgama con la nostra emotività - chi siamo per affrontare un viaggio così arduo, per portare un peso così oneroso; quante volte ci siamo sentiti indegni di misurarci con la difficoltà. 

Forse potrà venirci in aiuto la lettura di queste pagine, veder dipanarsi davanti ai nostri occhi il filo del viaggio dantesco e leggere dietro le righe di questa storia ancestrale la storia di ogni individuo che cerca con le proprie forze e con l'illuminazione spirituale una risposta al caos che porta dentro e a quello che invade il suo cuore dall'esterno. 

La << Commedia >>, a mio parere, non è solo un libro, è una farmacia di parole ed ogni verso ha come un balsamo capace di curare ogni ferita.

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